DIRITTO MILITARE

TUTELA LEGALE

Personale Forze Armate e di Polizia

Lo studio legale approfondisce e tratta costantemente tematiche inerenti lo specifico settore del diritto militare, volto alla tutela dei diritti dei militari in servizio e in congedo appartenenti alle FF.AA (Esercito Italiano, Marina Militare, Aeronautica Militare, Arma dei Carabinieri) e al personale delle FF.PP e dei Corpi di Polizia ad ordinamento militare e civile (Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, Vigili del Fuoco).

Per la particolare esperienza maturata, lo Studio Legale è in grado di assistere i soggetti interessati a farsi tutelare legalmente, sin dall’arruolamento per mancata idoneità o assunzione, fino al congedo e oltre, quali cause di servizio, mancato riconoscimento servizi speciali, errori nei conteggi delle voci stipendiali concorrenti nel calcolo della pensione, quote accessorie, voci retributive varie, coefficienti di trasformazione, moltiplicatore, ecc. particolarmente importanti per coloro i cui conteggi vengono effettuati con il sistema misto e/o contributivo.  

Quanto sopra in aggiunta alle numerose casistiche concernenti i militari e equiparati, quali cause di servizio e equo indennizzo, art. 54 del D.P.R. n.1092 del 1973, trasferimenti di autorità/domanda, note caratteristiche, ecc

Sinteticamente, lo Studio Legale, si occupa di:

  • concorsi militari interni e/o aperti ai civili;
  • difesa ai militari e equiparati in cause civili/penali, oltre quelle disciplinari di Stato e di Corpo;
  • trasferimento d’autorità,
  • art.3, comma 7, D.Lgs n.165/1997, c.d. moltiplicatore per i riformati;
  • inclusione dei c.d. 6 scatti nella buonuscita (TFS)
  • arrotondamento del servizio utile per fruire dei maggiori benefici del sistema pensionistico retributivo;
  • indennità ex Legge n.100/1987 e s.m.i, inclusi i benefici per il coniuge convivente lavoratore, ai fini del ricongiungimento familiare.,
  • cause di servizio;
  • equo indennizzo;
  • trasferimento ex Legge n.104/1992;
  • impugnazione di schede valutative e rapporti informativi;
  • mancate promozioni al grado superiore;
  • art.54 D.P.R. n.1092/1973;
  • pensione privilegiata;
  • casi di cessazione anticipata dal servizio per destituzione, proscioglimento d’autorità, degradazione, rimozione con perdita del grado, ecc…).

Lo Studio ha sede in provincia di Salerno ma opera in tutta Italia grazie a una rete di collaboratori scrupolosamente selezionati e l’utilizzo pieno della informatizzazione pienamente allineata ai processi a distanza.

RICALCOLO TRATTAMENTO PENSIONISTICO CON IL RICONOSCIMENTO DEL COEFFICIENTE DEL 44% PREVISTO DALL'ART.54

Il ricorso tende a porre rimedio all’ingiustizia determinata dall’erroneo metodo di calcolo delle pensioni applicato in danno dei militari appartenenti alle Forze Armate, inclusa l’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Capitaneria di Porto e infine ai Vigili del Fuoco. 

Questo Studio Legale fornisce assistenza in tutta Italia a coloro che sono interessati ad ottenere il ricalcolo della propria pensione a causa della mancata applicazione da parte dell’Inps dell’art. 54 del DPR 1092/1973.

Perché ricorrere?

Dall’esame delle determine pensionistiche emerge che l’INPS, a chi al 31.12.1995 non vanti un servizio “utile” superiore ai 18 anni, attribuisce le percentuali previste per il personale civile dall’art. 44 del D.P.R. n.1092/1973, anziché quello – decisamente più favorevole – previsto dal suindicato art. 54 per il trattamento di quiescenza del personale militare, il quale dispone che “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti di servizio utili è pari al 44% della base pensionabile…”.

Dall’errata applicazione dell’aliquota pensionabile spettante, è pacifico il diritto di chiedere il ricalcolo della propria pensione, oltre agli arretrati maturati con interessi e rivalutazione su ciascun rateo. Numerose sono le sentenze della Corte dei Conti che hanno accolto i ricorsi per il ricalcolo del trattamento pensionistico con riconoscimento del coefficiente al 44% previsto dall’art.54 DPR n.1092/1973 con conseguente aumento dei futuri ratei mensili e riconoscimento degli arretrati dalla data di pensionamento.

Chi può ricorrere?

Chiunque appartenga alle amministrazioni citate in premessa e che vanti un servizio utile non superiore ai 18 anni al 31.12.1995 ed il proprio trattamento pensionistico sia stato determinato dall’INPS con il sistema misto (al riguardo si evidenzia che il più recente e maggioritario orientamento giurisprudenziale – confermato anche in grado di appello ha sancito il diritto al ricalcolo della pensione anche ai militari che al 31.12.1995 non avevano raggiunto i 15 anni di servizio utile. Tornano utili – Corte dei conti Campania, Sentenza n.2 del 2020; Corte dei conti Calabria, Sentenza n.228 del 2019, Corte dei conti, Sezione II Centrale di Appello, Sentenze n.308 e 310 del 2019; Corte dei conti, Sezione I Centrale di Appello, Sentenze 73 del 2020).

Quando ricorrere?

Alla maturazione del diritto a pensione, nella posizione di ausiliaria o riserva, successivamente alla redazione dei prospetti di calcolo da parte dell’amministrazione di appartenenza inviati ufficialmente e con data certa all’interessato.

Come ricorrere?

Per maggiori dettagli relativi alle modalità del ricorso e sui costi, quest’ultimi calibrati sul numero degli aderenti nonché clausole di salvaguardia a favore dei medesimi ricorrenti, è possibile contattare l’Avv. Monica Cioffi inviando una mail all’indirizzo m.cioffi@studiolegalecioffidellaporta.com

MANCATA ATTUAZIONE DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Il ricorso tende a porre rimedio all’ingiustizia determinata dalla mancata attuazione della previdenza complementare per il personale del Comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico (Polizia di Stato, Polizia locale, Polizia Penitenziaria, Polizia provinciale, Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza e Guardie Particolari Giurate).

Questo Studio Legale fornisce assistenza in tutta Italia a coloro che sono interessati ad ottenere il risarcimento del danno causato dalla mancata attuazione della previdenza complementare.

Perché ricorrere?

Per ottenere il risarcimento dei danni per la mancata attuazione della previdenza complementare per il personale del Comparto Sicurezza e Difesa.

Come noto, con la riforma Dini del 1992 (legge 335/1995) è entrato in vigore, per il calcolo della pensione, un sistema di tipo contributivo, ossia fondato sul totale dei contributi versati dal lavoratore nel corso della propria vita lavorativa – rivalutati nel corso del tempo.

Orbene, in ragione del passaggio stabilito da un sistema di tipo retributivo (lasciato in vigore solo per chi al 31.12.1995 poteva vantare un’anzianità contributiva di almeno 18 anni) a uno di tipo misto (per chi al 1995 non ha raggiunto i 18 anni di contributi) e per finire al sistema contributivo puro (per il personale che prima del 1995 non aveva alcuna anzianità contributiva), la successiva Legge n. 448/1998 ha previsto l’istituzione di forme pensionistiche integrative per il personale del Comparto Sicurezza e Difesa con lo scopo di ridurre il danno conseguente alla progressiva riduzione delle pensioni. 

Difatti è noto che il sistema retributivo consente di determinare la pensione in misura nettamente favorevole rispetto al sistema misto e al sistema contributivo. 

Tuttavia, per il personale appartenente al comparto Difesa e Sicurezza non si è mai provveduto ad istituire fondi pensione integrativi della pensione ordinaria.

Nonostante le disposizioni legislative e le successive pronunce del T.A.R. del Lazio che, investito della questione, con le sentenze n.ri 2122 e 2123 del 2014 intimò all’Amministrazione di adempiere, ordinando successivamente l’avvio dei procedimenti negoziali a cui avrebbero dovuto partecipare le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ed i Consigli Centrali di Rappresentanza, le Amministrazioni non hanno mai provveduto in tal senso. 

Dopo anni di giudizio relativi alla giurisdizione, con la recente sentenza n. 22807 del 20.10.2020 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio: “La domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno da mancata attivazione della previdenza complementare per il personale del Comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, riservata alla concertazione – contrattazione, ai sensi delle disposizioni degli artt. 26, 20 comma, L. 23/12/1998 n. 448, e 3, co. 2 D. Lgs. 5/12/2005 n. 252, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, attenendo all’inadempimento di prestazioni di contenuto solo genericamente previdenziale e strettamente inerenti al rapporto di pubblico impiego, non già a materia riguardante un trattamento pensionistico a carico dello Stato, sicché la relativa controversia esula dalla giurisdizione della Corte dei Conti“.

Pertanto, questo Studio Legale fornisce assistenza in tutta Italia a coloro che sono interessati ad ottenere il risarcimento del danno economico subito a seguito del passaggio dal sistema previdenziale retributivo a quello contributivo senza istituzione della previdenza complementare.

Chi può ricorrere?

Chiunque appartenga alle amministrazioni citate in premessa e che siano stati posti in quiescenza con sistema misto e con sistema contributivo nonché per coloro che sono ancora in servizio e che saranno posti in quiescenza con sistema misto – meno di 18 anni contributivi al 1995, o con sistema contributivo – nessuna anzianità contributiva al 31.12.1995. 

Possono partecipare al ricorso sia il personale riformato e sia chi sia andato via a domanda o per raggiunti limiti di età.

Quando ricorrere?

Alla maturazione del diritto a pensione, nella posizione di ausiliaria o riserva, successivamente alla redazione dei prospetti di calcolo da parte dell’amministrazione di appartenenza inviati ufficialmente e con data certa all’interessato.

Come ricorrere?

Per maggiori dettagli relativi alle modalità del ricorso e sui costi, quest’ultimi calibrati sul numero degli aderenti nonché clausole di salvaguardia a favore dei medesimi ricorrenti, è possibile contattare l’Avv. Monica Cioffi inviando una mail all’indirizzo m.cioffi@studiolegalecioffidellaporta.com 

RILIQUIDAZIONE DELLA PENSIONE IN GODIMENTO CON IL RICONOSCIMENTO DEI BENEFICI ECONOMICI DI CUI AGLI ART.117 E 120 DEL R.D. 31 DICEMBRE 1928, N. 3458, DOVUTI PER LE INFERMITÀ RICONOSCIUTE DIPENDENTI DA CAUSA DI SERVIZIO

Il ricorso tende a porre rimedio all’ingiustizia determinata dal mancato riconoscimento ai titolari della cd. “causa di servizio” dei benefici stipendiali previsti dagli artt. 117 e 120 del regio decreto 31.12.1928 n. 3458 previsti per i militari invalidi di guerra ed estesi al personale invalido per servizio, ai sensi della legge 15 luglio 1950, n. 539.

Questo Studio Legale fornisce assistenza in tutta Italia ai titolari della c.d. causa di servizio che sono interessati ad ottenere il risarcimento di un diritto di natura stipendiale. 

Perché ricorrere?

Gli Ufficiali in servizio permanente e delle categorie in congedo (art. 117), Ausiliaria e Riserva, nonché i Sottufficiali, compresi quelli richiamati dal congedo (art. 120) che, alle dirette dipendenze dello Stato, abbiano contratto durante il servizio e per causa di servizio militare o civile, mutilazioni od infermità ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A, attualmente individuabile in quella annessa al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834. 

La titolarità del beneficio è acquisita al momento stesso dell’accertamento dell’infermità, quale contratta in servizio e da esso dipendente. 

Si evidenzia che il Processo Verbale emesso dalla competente Commissione Medica Ospedaliera, a seguito del riconoscimento della causa di servizio, assume veste ricognitiva di un diritto discendente direttamente dalla legge. 

Pertanto – contrariamente all’interpretazione operata dalle Amministrazioni, NON se ne deve condizionare la spettanza alla sussistenza di un formale decreto concessivo di equo indennizzo o di pensione privilegiata.

In presenza di un Processo Verbale che riconosca un’infermità dipendente da causa di servizio che si collochi in tab. A, 1ª o 2ª classe, dunque, i benefici stipendiali previsti dagli artt. 117 e 120 vanno disposti d’ufficio – non essendo dovuta apposita istanza da parte dell’avente diritto, anche se riferiti al personale nel frattempo collocato a riposo e destinatario. 

Tuttavia, nella prassi le Amministrazioni continuano ad interpretare a modo loro la normativa. 

Un annoso problema, ad esempio, che assilla i militari, titolari della c.d. causa di servizio, all’atto del congedo è il rigetto della richiesta da parte dell’Amministrazione del beneficio economico economico ex art. 117 R.D. 3458/1928 (ora art. 1801 del D.lgs. 66/2010) quando il decreto ministeriale con il quale la competente Direzione Generale per il Personale Militare formalizza la dipendenza da causa di servizio dell’infermità già accertata, da parte della C.M.O. competente per territorio sia successivo al collocamento in quiescenza.

Invero, la giurisprudenza ha stabilito il principio in forza del quale i predetti benefici non possono essere legittimamente negati sulla scorta del tempo impiegato per istruire e decidere la domanda di riconoscimento della causa di servizio (Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. n. 1881/2011).

Questa interpretazione appare più coerente con esigenze di giustizia sostanziale e, in particolare, con la necessità di evitare che il soggetto interessato possa risentire un pregiudizio correlato al fatto che il decreto ministeriale con cui è stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio è successivo alla data del suo collocamento

Questo Studio Legale fornisce assistenza in tutta Italia ai titolari della c.d. causa di servizio che sono interessati ad ottenere il risarcimento di un diritto di natura stipendiale attraverso la rideterminazione del trattamento economico, ivi compresa l’indennità di buonuscita, in applicazione dei benefici previsti dagli artt. 117 e 120 del R.D. n. 3458/1928 e dall’art. 1801 del D.lgs. n. 66/2010.

Chi può ricorrere?

Gli Ufficiali in servizio permanente e delle categorie in congedo (art. 117), Ausiliaria e Riserva, nonché i Sottufficiali, compresi quelli richiamati dal congedo (art. 120) che, alle dirette dipendenze dello Stato, abbiano contratto durante il servizio e per causa di servizio militare o civile, mutilazioni od infermità ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A, attualmente individuabile in quella annessa al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834.

Quando ricorrere?

Alla maturazione del diritto a pensione, nella posizione di ausiliaria o riserva, successivamente alla redazione dei prospetti di calcolo da parte dell’amministrazione di appartenenza inviati ufficialmente e con data certa all’interessato dai quali possa evincersi che i calcoli della pensione non comprendono l’importo relativo agli artt. 117 e 120 del RD 3458/28.

Come ricorrere?

Per maggiori dettagli relativi alle modalità del ricorso e sui costi è possibile contattare l’Avv. Monica Cioffi inviando una mail all’indirizzo m.cioffi@studiolegalecioffidellaporta.com 

RICONOSCIMENTO CAUSA DI SERVIZIO

Per causa di servizio si intende generalmente il riconoscimento di infermità o lesioni ricollegabili alla propria attività di servizio. 

La dipendenza da causa di servizio viene riconosciuta allorquando venga dimostrato che tra il danno riportato e i fatti di servizio c’è un legame causale diretto, se il danno è direttamente collegabile all’evento di servizio oppure concausale, vale a dire quando le mansioni svolte pur non essendo causa diretta del danno, hanno contribuito in modo determinante all’insorgere della malattia. 

Il riconoscimento della Causa di Servizio è indispensabile non solo per ottenere Equo Indennizzo e Pensione Privilegiata, ma anche per richiedere eventualmente lo status di Vittima del dovere.

Questo Studio Legale fornisce assistenza medico-legale in tutta Italia a coloro che hanno subito lesioni e che ritengono possano essere conseguenza del servizio prestato al fine di valutare la sussistenza dei requisiti per un’azione legale.

Chi può ricorrere?

I dipendenti pubblici appartenenti al comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso Pubblico che soffrono di una infermità o che hanno subito una lesione traumatica riconducibili al lavoro.

Quando ricorrere?

Se la causa di servizio – ovvero il riconoscimento di infermità o lesioni ricollegabili alla propria attività di servizio, non è stata ancora accertata al momento del congedo, si può chiederne il riconoscimento entro 5 anni dal congedo stesso o dalla “scoperta” della patologia nei casi di malattie a lenta evoluzione, separatamente o contestualmente alla domanda di concessione della pensione privilegiata. 

Il riconoscimento della causa di servizio si ottiene alla conclusione di un apposito procedimento amministrativo che può essere avviato su domanda dell’interessato o di un avente diritto (ad esempio i congiunti superstiti in caso di decesso dell’interessato a causa del servizio oppure d’ufficio, dall’Amministrazione stessa quando è certa la correlazione tra infermità/lesione e servizio o l’infermità che ha causato l’invalidità dell’integrità fisica, psichica o sensoriale o la morte sia stata contratta a seguito dell’esposizione per obbligo di servizio a “cause morbigene”.

L’istanza con la documentazione sanitaria comprovante l’infermità o la lesione e ogni eventuale ulteriore documento utile per il riconoscimento della causa di servizio, va presentata all’ Ente lavorativo di appartenenza o, se già in pensione, all’Ente Previdenziale, che provvederà ad inoltrarla – corredata della documentazione necessaria – alla Commissione Medica competente.

I termini entro cui presentare la domanda variano a seconda del beneficio che si intende ottenere. 

Nello specifico, l’istanza va presentata entro 6 mesi dal fatto di servizio che ha causato la menomazione o dal momento in cui è stato scoperto di aver subito (o aggravato) una menomazione, se si intende ottenere l’equo indennizzo o altri benefici diversi dalla pensione privilegiata. 

Il termine suindicato va rispettato anche se la domanda viene presentata dopo la cessazione dal servizio, ma entro un termine massimo di 5 anni dal collocamento a riposo o dal manifestarsi di patologie a lento decorso (elevati a 10 anni dal congedo per le invalidità derivanti dal morbo di Parkinson). 

Se, invece, si intende richiedere la pensione privilegiata, l’stanza va presentata entro 5 anni o 10, in caso di invalidità derivante dal morbo di Parkinson, dal congedo.

Questo Studio Legale fornisce assistenza medico-legale in tutta Italia a coloro che hanno subito lesioni e che ritengono possano essere conseguenza del servizio prestato al fine di valutare la sussistenza dei requisiti per un’azione legale.

Come ricorrere?

In caso di parere negativo del Comitato di verifica per le cause di servizio, entro 10 giorni dalla notifica del provvedimento, possono essere presentate delle controdeduzioni motivate, allegando documentazione sanitaria e amministrativa contraria alle conclusioni espresse dal Comitato.

Se il parere del Comitato resta negativo, il provvedimento emesso dall’Amministrazione competente potrà essere impugnato entro 60 giorni dalla notifica dinanzi al TAR oppure entro 120 giorni con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. 

Tuttavia, oggi, in alternativa al TAR, per i dipendenti del Comparto Difesa e Sicurezza, Soccorso pubblico e Vigili del Fuoco in servizio è possibile ricorrere dinanzi alla Corte dei Conti, senza termine decadenziale per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio quale presupposto del diritto alla pensione privilegiata.

Per maggiori dettagli relativi ad una consulenza medico-legale e alle modalità del ricorso con i relativi costi è possibile contattare l’Avv. Monica Cioffi inviando una mail all’indirizzo m.cioffi@studiolegalecioffidellaporta.com 

RICALCOLO TFS PER INCLUSIONE 6 SCATTI STIPENDIALI

L’art. 38 del D.P.R. n. 1032 del 1973, e l’art. 6 bis del D.lg. n. 387/1987 (riferito alla Polizia di Stato e agli altri Corpi di Polizia), convertito nella legge n. 472 del 1987 e successivamente modificato dall’art. 21 della legge n. 231/1990, disciplinano l’inclusione dei sei scatti stipendiali nella determinazione del TFS quando la cessazione dal servizio sia avvenuta per le seguenti ragioni: per raggiungimento del limite di età o equiparati; per permanente inabilità al servizio; per decesso; a domanda qualora al momento della stessa sussista il requisito anagrafico di 55 anni di età ed il requisito contributivo di 35 anni di servizio utile.

Tale normativa si applica anche per il personale militare, in quanto l’art. 1863 del C.O.M. (D.lgs. n. 66/2010), “aumenti periodici di stipendio ai fini pensionistici” rinvia all’art. 4 del D.lgs. n. 165/1997, che a sua volta richiama l’art. 21 della legge n. 231/1990, mentre al comma 3 dell’art. 1911 C.O.M., rubricato “Attribuzione dei sei aumenti periodici di stipendio ai fini del trattamento di fine servizio” è richiamato espressamente l’art. 6 bis del D.lg. n. 387/1987.

Pur tenendo conto della complessità della materia, l’Inps nella determinazione del TFS per il personale militare e di Polizia, commette un errore ricorrente proprio sulla mancata inclusione dei sei scatti per il personale cessato dal servizio a domanda con 55 anni di età e 35 anni di servizio utile.

Questo Studio Legale fornisce assistenza legale in tutta Italia a coloro che pure avendo i requisiti di base per l’inclusione dei sei scatti nel TFS, non l’abbiano invece ottenuti.

Chi può ricorrere?

I dipendenti pubblici appartenenti al comparto Difesa e Sicurezza che, pur avendo maturato i pertinenti requisiti, hanno verificato la mancata inclusione dei sei scatti nel calcolo del TFS.

Quando ricorrere?

Il Consiglio di Stato, Sez. III, con sentenza n. 1231 del 21 febbraio 2019 ribadendo che anche al personale che cessa dal servizio per anzianità con un’età di 55 anni e 35 di servizio effettivo, spettano i 6 scatti sul TFS, in quanto tali requisiti coincidono esattamente con la fattispecie contemplata dal comma secondo dell’art. 6 bis del D.l. n. 387 del 1987, che prevede espressamente che “ le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile”, ha specificato nella suddetta sentenza che il mancato rispetto del termine di presentazione della domanda indicato di collocamento in quiescenza indicato all’art. 6 bis, comma 2, secondo periodo del D.l. n. 387/1987 non ha alcuna decadenza.

Come ricorrere?

Nel caso in cui non siano stati calcolati i sei scatti sul TFS occorre, in prima battuta, presentare istanza di riesame diretta all’INPS competente.

Laddove l’INPS nel termine di 120 giorni non risponda o rigetti esplicitamente l’istanza, è possibile ricorrere entro 60 giorni con ricorso dinanzi al Tribunale territorialmente competente.

Si rammenta che dal momento del calcolo del trattamento di fine servizio decorre un termine di prescrizione di 5 anni per far valere le proprie ragioni.

Per maggiori dettagli relativi ad una consulenza medico-legale e alle modalità del ricorso con i relativi costi è possibile contattare l’Avv. Monica Cioffi inviando una mail all’indirizzo m.cioffi@studiolegalecioffidellaporta.com 

Avv. Monica Cioffi

Esperta in Ricorsi Militari

Avv. Mario Della Porta

Esperto in Ricorsi Scuola

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